martedì 27 settembre 2011
lunedì 26 settembre 2011
mercoledì 21 settembre 2011
venerdì 16 settembre 2011
martedì 13 settembre 2011
venerdì 9 settembre 2011
governance locale in rete
I diritti di cittadinanza digitale
il diritto di accesso alle reti tecnologiche, attraverso il superamento del digital divide;
il diritto di accesso all’informazione e alla conoscenza, organizzando iniziative di alfabetizzazione informatica, sensibilizzazione all’uso delle reti e promozione dell’open source;
il diritto di accesso ai servizi alla persona e alle imprese, puntando sulla dematerializzazione dei documenti amministrativi, il riconoscimento dell’identità digitale, e la diffusione di servizi avanzati di e-government come strumento di semplificazione e snellimento dei rapporti con le amministrazioni;
il diritto di accesso ai dati, affermando la filosofia open data e le logiche di trasparenza per mettere a disposizione dei cittadini e delle imprese tutte le informazioni sulle attività e i campi di competenza gestiti dall’Ente locale.
linee guida per tutti i siti web della pubblica aministrazione 2011
giovedì 8 settembre 2011
luoghi comuni sull'organizzazione della democrazia
alla radicale riduzione dei costi della politica,
alla più totale trasparenza,
nessun privilegio a chi ricopre incarichi pubblici
obbligatori etica e spirito di pubblico servizio
MA ...
attenzione alla riduzione delle rappresentanze
1) tanto maggiore è il numero di elettori in un collegio elettorale
altrettanto diminuisce la capacità e la possibilità per ciascun
elettore di farsi ascoltare e mettersi in rapporto con chi è stato eletto
2) la riduzione del numero dei rappresentanti, in assenza di rigorose contropartite
informative e partecipative, è sempre destinata a creare un allontanamento dei cittadini dagli eletti che diventano così sempre più "casta" lontana ed autoreferenziale
Sartori docet
martedì 6 settembre 2011
lunedì 5 settembre 2011
domenica 4 settembre 2011
caro Bolla noi la risposta l'abbiamo data ...

La lettera del presidente di Confindustria Verona .. alla società civile ed alla politica
4 settembre 2011
Nel dopoguerra l'Italia ha affrontato la sua sfida più difficile con compattezza, e l'ha vinta. Oggi il nostro Paese è chiamato ad una nuova grande impresa ed appare invece irriconoscibile: disunito, dilaniato dagli interessi corporativi, in conflitto sui valori fondanti di una società civile.
Ci prepariamo ad affrontare l'autunno su una salita che sapevamo difficile, ma che durante l'estate è diventata più ripida. Per le imprese, certamente, ma anche per tutti i cittadini. In poche settimane abbiamo assistito ad un tracollo a tutto tondo. La crisi economica e finanziaria, le Borse impazzite, le aziende che sono in difficoltà, i lavoratori che sono in cassa integrazione, i consumi che non ripartono, i giovani che vogliono andare via.
Ci siamo sentiti come la Grecia. Pensavamo di essere diversi, forti della nostra settima posizione tra i Paesi industrializzati, in compagnia della sola Germania tra i Paesi europei, ed invece abbiamo capito che da sola l'industria, l'imprenditoria diffusa capace di creare ricchezza "nonostante tutto", non basta. Il "nonostante tutto"- cioè ciò che sta fuori dalle fabbriche- ha spaventato i mercati finanziari e fatto precipitare la nostra credibilità. Siamo diventati un Paese a rischio. Diciamolo con franchezza. Di fronte alla crisi economica la nostra classe politica non è stata capace di risolvere il problema con consapevolezza ed autonomia da «Paese adulto». Viceversa i nostri politici ci sono parsi come i bambini che hanno bisogno del rimprovero del genitore (in questo caso l'Europa) per fare la cosa giusta. Ma la cosa giusta, i grandi progetti, le grandi riforme si fanno affrontando i temi per tempo. Affrontando con competenza la complessità, con determinazione, senza superficialità. Si compiono scelte perché ci si crede, non per evitare la punizione.
EMERGENZA. Invece abbiamo visto il Consiglio dei ministri raffazzonare un primo provvedimento di emergenza che ha permesso, questo è vero, alla Banca Centrale europea di intervenire a sostegno dei nostri titoli pubblici. Ma da questo provvedimento l'Italia è uscita spaccata in due: gli onesti e i disonesti. Una divisione che attraversa trasversalmente tutto il Paese. I primi sono quelli sui quali si fa "affidamento" sia quando si deve spingere sullo sviluppo, sia quando si deve affrontare un'emergenza. I secondi invece non hanno mai responsabilità nei confronti del proprio Paese. Abbiamo sperato che si sarebbe affrontato con decisione il tema dell'evasione fiscale. Invece niente, solo una escalation di idee estreme, già risultate inefficaci in passato e che ci fanno sospettare che non si voglia fare nulla. Non si potrebbe permettere ai cittadini una maggiore deducibilità delle spese o limitare l'uso del contante per risolvere quella diffusa ed odiosa abitudine ad evadere nelle attività del quotidiano- grandi e piccole- che allarga il mare del nero e spesso dell'illegale? Basta varcare le frontiere del nostro Paese per rendersi conto che in Europa il contante non si usa nemmeno più per pagarsi un caffè.
PIEGHE DEMAGOGICHE. Abbiamo sperato che tra le pieghe delle demagogiche denunce dei costi della politica qualcosa di buono ci potesse anche scappare, magari la razionalizzazione dei Comuni e delle Province. Un disegno di riorganizzazione dell'amministrazione del territorio coerente con il grande disegno federalista. E invece no, tutto rimandato. Ci è toccato persino sentir parlare della necessità di difendere il "valore identitario dei piccoli Comuni" solo per difendere l'assurda moltiplicazione delle poltrone, degli incarichi, degli sprechi e dei privilegi piccoli e grandi. Un tema invece che mi sembra veramente una priorità in questo momento in cui dobbiamo mettere in condizione il nostro Paese e le nostre imprese di affrontare il mondo globalizzato. C'era comunque la convinzione che quel primo decreto fosse figlio dell'urgenza ed avevo sperato - e con me in molti- che i giorni a seguire avrebbero potuto servire per cancellare le sviste e gli errori di una fantasiosa ed iniqua manovra di mezza estate. Si sperava in provvedimenti capaci di spingere sulla crescita, dimostrando di aver compreso l'importanza della relazione che esiste tra lo sviluppo e le maggiori entrate: una relazione virtuosa che porta benessere e riduce il deficit. I temi su cui lavorare li conosciamo. Cosa vorrei? Le riforme forti che chiediamo da tempo, noi imprenditori, noi cittadini. Riforme per affrontare l'emergenza credibilità-Paese ma anche per affrontare il futuro. Mercato, liberalizzazioni, semplificazioni, equità, meritocrazia. Sono ingredienti semplici, ma non scontati che possono fare la differenza. Invece, non un provvedimento per sostenere lo sviluppo, solo cassa. Nessun provvedimento che migliori le impostazioni precedenti, ma solo cancellazioni e nuove ipotesi fantasiose, frutto dell'improvvisazione e dei veti incrociati tra partiti. Ipotesi che rischiano più volte di smantellare la certezza del diritto, fatte in barba al rispetto per i cittadini e ignorando anche quelle regole che l'economia ci ha dimostrato essere irrinunciabili. Ipotesi che il giorno dopo suscitano la reazione forte dei pochi soggetti colpiti, dubbi di legittimità e, dopo poco, il venir meno dello stesso sostegno da parte della maggioranza. Anzi, a volte le norme risultano misteriosamente prive di un padre politico. Stiamo quindi imparando alcune cose.
RISORSE. La prima è che la vera manovra la potremo commentare solo dopo che sarà stata approvata. Almeno finché la Bce avrà le risorse, la convenienza e la pazienza di acquistare i Titoli del nostro debito pubblico, continueremo ad assistere allo spettacolo di norme improvvisate proposte da un governo dilaniato dai dissidi e dagli interessi di parte. Saranno comunque provvedimenti dolorosi, perché i saldi lo richiedono. Speriamo che i sacrifici vengano imposti in modo più equo rispetto alle ipotesi fino ad ora prospettate. Sarà difficile ambire al meglio, dovremo accontentarci di un meno peggio.
RIFORME. La seconda è che il momento più importante comincerà dopo che la manovra sarà stata approvata. I problemi strutturali richiedono riforme strutturali. Dal giorno dopo bisognerà lavorare, giorno dopo giorno, per portare a casa risultati che non si possono ottenere con un tratto di penna su un decreto estivo. Promettiamo l'abolizione delle province e la riduzione dei parlamentari? Dal giorno successivo bisogna pensare a come raggiungere tale obiettivo in modo da ottenere, nei tempi più brevi possibili, i risultati auspicati: riduzione dei costi della macchina dello Stato e semplificazione della vita dei cittadini. Promettiamo dei recuperi dell'evasione? Dal giorno dopo va affrontato senza tentennamenti, senza caccia alle streghe, senza mettere i cittadini l'uno contro l'altro, il tema più delicato ed elettoralmente sensibile, quello dell'emersione del sommerso. Parliamo da sempre di costo del lavoro. Affrontiamo una volta per tutte la questione del cuneo fiscale. Una riduzione del cuneo farebbe crescere il Pil. Va finanziata, certo, ma non sarebbe un'operazione di mera cassa quanto una spinta allo sviluppo. Quello che serve al Paese.
IL PATTO. Ma la riforma delle riforme, quella irrinunciabile, è quella di un nuovo patto tra Stato e cittadini. Ecco, quello che vorrei davvero in questo autunno è veder nascere un nuovo patto di convivenza civile tra categorie economiche, tra settori, tra portatori di interessi diversi. Ognuno legittimamente impegnato a difendere non le proprie prerogative, le proprie rendite ma a difendere il bene comune prima di tutto. Insomma, forse, alla fine, quello che io e insieme a me molti italiani e veronesi reclamiamo è un senso comune dell'etica, un risveglio delle coscienze. E poi la responsabilità: non si può assistere ogni giorno allo scaricabarile tra Palazzi romani, veneti o veronesi che siano.
Tutti possono e debbono fare la propria parte a cominciare da chi amministra il nostro territorio. Ci aspettiamo quindi innanzitutto dai politici e dagli amministratori veronesi quell'esempio di buongoverno tante volte dichiarato nei comizi. Una proposta di buongoverno, di riforma che parta dal territorio può davvero fare da volano al resto del Paese. Etica e responsabilità: concetti che questa estate sembra aver portato via. Ma che vanno riconquistati con l'orgoglio delle nostre radici e del nostro lavoro.
Presidente Confindustria Verona
(pubblicata sul quotidiano L'Arena del 4 settembre 2011 pagg. 1-7)