venerdì 25 marzo 2011
venerdì 18 marzo 2011
lunedì 7 marzo 2011
CITTADINANZA E PARTECIPAZIONE CIVICA
Da alcuni anni a questa parte, sia in relazione ai processi di riforma dell'amministrazione, sia in funzione della ricerca di modalità per limitare o superare la crisi di legittimità e di fiducia delle istituzioni rappresentative, si è fatta strada una “famiglia di pratiche” che va sotto il nome di democrazia partecipativa.
Procedure di accesso, consultazione, definizione di piani di zona e di programmi di riqualificazione urbana, sono esempi delle pratiche che rientrano in questa famiglia.
L'idea che sta dietro queste pratiche è che quanti più cittadini vengono inclusi nei processi di formazione ed esercizio delle scelte pubbliche, tanto più aumenterà la legittimità e quindi
l'efficacia del sistema democratico.
Nei paesi europei la democrazia partecipativa, così, è diventata una strada che sembra obbligata per le istituzioni, specie nella dimensione locale.
Ma è proprio così?
È giusto porsi il problema, non per disconoscere il valore che la democrazia partecipativa ha, ma per chiarire le potenzialità ed i limiti di questo insieme di strumenti e, se possibile, migliorarli.
Un dato che colpisce al riguardo sta nella difficoltà di incorporare nel modello della democrazia partecipativa le attività dei cittadini che si organizzano di fronte a problemi collettivi e pubblici.
Ci si riferisce a quella pluralità di comitati, gruppi, associazioni, movimenti, comunità (non meno di 100.000 solo in Italia) che, in modo più o meno formale e con una varietà di motivazioni e approcci operativi, giocano sempre di più anche da noi un ruolo di attori nel processo di definizione, messa in opera e valutazione delle politiche pubbliche.
Queste realtà organizzate sono fatte di cittadini “partecipanti” in carne ed ossa. Per questa ragione costituiscono sicuramente un utile termine di paragone per saggiare le ambizioni delle politiche partecipative.
Ma si presenta un fattore di incoerenza.
In che cosa consiste questa incoerenza tra pratiche partecipative e attivismo organizzato dei cittadini?
Una distonia salta agli occhi: la democrazia partecipativa è una iniziativa delle amministrazioni, mentre l'attivismo civico è una iniziativa autonoma dei cittadini.
- la democrazia partecipativa riguarda quasi esclusivamente la fase della formazione e deliberazione delle politiche (messa in agenda, progettazione, decisione);
- l'azione della cittadinanza organizzata riguarda l'intero ciclo di una politica pubblica, e specialmente la sua messa in opera o implementazione.
Al centro della democrazia partecipativa, anche nella sua più ambiziosa forma deliberativa, è il dibattito e la discussione, mentre per i cittadini organizzati ciò che conta è l'azione, anche nella sua forma di azione comunicativa (ad esempio, campagne supportate dai media).
- L'attenzione dei processi di democrazia partecipativa è centrata sulla produzione di output (cioè di prodotti come decisioni, norme, programmi);
- il fenomeno della cittadinanza attiva è caratterizzato dalla attenzione agli outcome, cioè agli effetti e agli impatti nella realtà dell'azione pubblica.
Si tratta di differenze di non poco conto, che dovrebbero indurre a riflettere sulla natura dell'esperimento democratico della democrazia partecipativa – quasi un esperimento di laboratorio – e a guardare con più attenzione quanto nell'esperimento “sul campo” dell'attivismo civico ha a che fare con una riforma concreta della democrazia.
Il rischio, altrimenti, è di guardare sempre alla “democrazia che non c'è”, dimenticando o sottovalutando quella che c'è, spesso portatrice di germi di autentica innovazione.
Giovanni Moro
vedi anche:
attivismo civico e pratiche di cittadinanza
cittadinanza e partecipazione politica
principi di democrazia partecipativa
Procedure di accesso, consultazione, definizione di piani di zona e di programmi di riqualificazione urbana, sono esempi delle pratiche che rientrano in questa famiglia.
L'idea che sta dietro queste pratiche è che quanti più cittadini vengono inclusi nei processi di formazione ed esercizio delle scelte pubbliche, tanto più aumenterà la legittimità e quindi
l'efficacia del sistema democratico.
Nei paesi europei la democrazia partecipativa, così, è diventata una strada che sembra obbligata per le istituzioni, specie nella dimensione locale.
Ma è proprio così?
È giusto porsi il problema, non per disconoscere il valore che la democrazia partecipativa ha, ma per chiarire le potenzialità ed i limiti di questo insieme di strumenti e, se possibile, migliorarli.
Un dato che colpisce al riguardo sta nella difficoltà di incorporare nel modello della democrazia partecipativa le attività dei cittadini che si organizzano di fronte a problemi collettivi e pubblici.
Ci si riferisce a quella pluralità di comitati, gruppi, associazioni, movimenti, comunità (non meno di 100.000 solo in Italia) che, in modo più o meno formale e con una varietà di motivazioni e approcci operativi, giocano sempre di più anche da noi un ruolo di attori nel processo di definizione, messa in opera e valutazione delle politiche pubbliche.
Queste realtà organizzate sono fatte di cittadini “partecipanti” in carne ed ossa. Per questa ragione costituiscono sicuramente un utile termine di paragone per saggiare le ambizioni delle politiche partecipative.
Ma si presenta un fattore di incoerenza.
In che cosa consiste questa incoerenza tra pratiche partecipative e attivismo organizzato dei cittadini?
Una distonia salta agli occhi: la democrazia partecipativa è una iniziativa delle amministrazioni, mentre l'attivismo civico è una iniziativa autonoma dei cittadini.
- la democrazia partecipativa riguarda quasi esclusivamente la fase della formazione e deliberazione delle politiche (messa in agenda, progettazione, decisione);
- l'azione della cittadinanza organizzata riguarda l'intero ciclo di una politica pubblica, e specialmente la sua messa in opera o implementazione.
Al centro della democrazia partecipativa, anche nella sua più ambiziosa forma deliberativa, è il dibattito e la discussione, mentre per i cittadini organizzati ciò che conta è l'azione, anche nella sua forma di azione comunicativa (ad esempio, campagne supportate dai media).
- L'attenzione dei processi di democrazia partecipativa è centrata sulla produzione di output (cioè di prodotti come decisioni, norme, programmi);
- il fenomeno della cittadinanza attiva è caratterizzato dalla attenzione agli outcome, cioè agli effetti e agli impatti nella realtà dell'azione pubblica.
- La democrazia partecipativa si rivolge in primo luogo agli individui;
- l' esperienza dell'attivismo civico è comunque quella di un agire collettivo.
Si tratta di differenze di non poco conto, che dovrebbero indurre a riflettere sulla natura dell'esperimento democratico della democrazia partecipativa – quasi un esperimento di laboratorio – e a guardare con più attenzione quanto nell'esperimento “sul campo” dell'attivismo civico ha a che fare con una riforma concreta della democrazia.
Il rischio, altrimenti, è di guardare sempre alla “democrazia che non c'è”, dimenticando o sottovalutando quella che c'è, spesso portatrice di germi di autentica innovazione.
Giovanni Moro
vedi anche:
attivismo civico e pratiche di cittadinanza
cittadinanza e partecipazione politica
principi di democrazia partecipativa